giovedì 25 dicembre 2008

Harold Pinter

Ho appreso la notizia per caso, dalla televisione accesa, nell'unica mezz'ora trascorsa in casa di questa giornata pigra, identica a tutti i Natali che l'hanno preceduta e che la seguiranno.
Harold Pinter è morto ieri. Sono rimasta sorpresa e subito dopo mi sono intristita, come se fosse morto un amico e forse un po' lui lo è stato, visto che le sue opere, lette o viste al teatro, mi hanno tenuto compagnia per molto tempo. E poi era bello sapere che era ancora vivo, uno dei pochi rappresentanti del Teatro dell'Assurdo ancora viventi, una sorta di ponte tra il mondo di oggi e quello di Beckett.
Qualche anno fa ho visto Vecchi tempi al Teatro Piccolo, con mia madre e mia sorella, recitato da Greta Scacchi. E' stato bellissimo e coinvolgente, persino il fatto che fosse così breve ne accresceva il fascino, perpetrando la malinconia e la nostalgia per quanto avevamo appena visto. Ho letto sul giornale che la sera successiva Pinter, in visita a Milano, era stato al teatro ad assistere a quello stesso spettacolo: era bello pensare che un autore del suo calibro fosse ancora vivo e potesse andare a teatro a vedere la rappresentazione delle proprie opere.
Pochi mesi dopo, sempre al Piccolo, ho visto anche Tradimenti, un po' più lungo e forse ancora più spietato, apparentemente meno malinconico ma altrettanto capace di mettere in luce aspetti dei personaggi e dei loro sentimenti che sarebbero altrimenti rimasti appena sotto la superficie, invisibili e insondati.
Secondo me la grandezza di Pinter era proprio questa, la capacità di portare in superficie determinati aspetti del carattere e della vita dei suoi personaggi, destinati invece a restare per sempre sepolti nell'ombra delle loro menti.
Nel 2005, quando ha vinto il premio Nobel, sono rimasta perplessa e mi sono chiesta perché. Non perché gli avessero dato il Nobel, naturalmente, ma perché non gliel'avessero dato prima, negli anni d'oro in cui aveva scritto e messo in scena le sue opere più belle. Mi sembrava assurdo che glielo dessero in quel momento, quando gran parte dei ragazzi di oggi non sa chi sia Harold Pinter, perché non ha letto (e probabilmente non leggerà) né The RoomThe Dumb Waiter. Oggi sono felice che in qualche modo tre anni fa si sia posto rimedio a questa dimenticanza e che non sia stato troppo tardi, dopo tutto.

domenica 21 dicembre 2008

Facebook

C'è chi lo odia (come il cmu) e chi lo ama (come me). Fatto sta che comunque Facebook è un fenomeno sociale, forse il vero fenomeno di quest'anno, in cui la crisi finanziaria ci sta intristendo. Su Facebook le cose invece cambiano, si possono lasciar perdere i propri problemi e quelli del mondo per il tempo di un collegamento, si possono rintracciare amici persi, magari senza sapere nemmeno il perché, forse solo perché perdersi fa parte della vita, dell'avere vite diverse, che portano in direzioni e luoghi diversi. O forse ci si è persi perché ci si era voluti perdere, perché non si andava più d'accordo e non ci si sopportava più, ma a distanza di tanti anni è bello ritrovarsi, aver dimenticato i motivi di litigio e ritrovare la gioia delle cose che si sono fatte e vissute insieme. Si possono leggere gli aggiornamenti, vedere gli album fotografici, ripensare a quando si era giovani, provare nostalgia e subito dopo essere felici che il tempo, dopotutto, sia passato bene. Su Facebook si ha comunque l'impressione di non perdersi più.
E' bello anche trovare gli amici di adesso, quelli che si sentono tutti i giorni al telefono o per email, quelli con cui si esce e si parla sempre, quelli che non si sono persi, ma che si ritrovano comunque in una dimensione diversa.
Una cosa bella di Facebook sono anche i forum. Ce ne sono di tutti i tipi ma ce ne sono soprattutto molti che parlano di libri e sono molto attivi e frequentati. Così si scopre che persone che non si conoscono e che non si sa dove vivano, amano gli stessi libri e gli stessi scrittori che amiamo noi, che leggendoli hanno provato le stesse emozioni e gli stessi sentimenti che abbiamo provato noi. Sono sconosciuti ma è bello poter parlare e scambiare pensieri con altre persone, forse proprio per il fatto che sono sconosciuti e che le nostre vite non si sono mai incrociate, se non su Facebook.